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Sulla Gran via delle Orobie Valtellinesi



Un sentiero poco frequentato, che percorre interamente il versante valtellinese delle Alpi Orobie, un trekking di 11 giorni, lungo 130km, con partenza sul fondovalle da Delebio e arrivo in Aprica.

Questi erano i presupposti per la partenza.

Percorrere per intero la GVO era un progetto che inseguivo da anni, e il 2019 è stato l’ anno buono, fresco dal corso di alpinismo su roccia e misto, e dopo un inverno passato assiduamente in montagna, con lo sci d’alpinismo e alcuni bivacchi nella neve, sentivo di avere finalmente lo stato di forma e la preparazione necessaria per affrontare in tranquillità un trekking così lungo.


PREPARAZIONE:


La preparazione di questo viaggio si è basata principalmente su questa utilissima relazione: http://www.paesidivaltellina.it/andreapaniga/presentazione.htm

che nonostante abbia alcuni anni rimane molto attendibile e ci ha guidati nella riuscita dell’ impresa.

Eviterò quindi una descrizione completa dell’ itinerario

Voglio piuttosto integrare alcune informazioni che possono essere utili,

cercando di fornire ulteriore aiuto agli avventurieri futuri, dato che le informazioni riguardo questo itinerario non sono sempre facilmente reperibili.

Innanzi tutto metto a disposizione l’ intera traccia .gpx

abbozzata prima a mano, con un lungo lavoro e poi corretta utilizzando i dati ripuliti da errorri del gps che ho tenuto sempre accesso in tracciamento per tutta la durata del trekking.


Se la traccia ti è stata utile, e vuoi supportarmi nella creazione di nuovi percorsi, puoi aiutarmi con una donazione di 5€ tramite PayPal


ATTENZIONE:

Non mi assumo responsabilità sul tracciato, un escursione del genere non è da sottovalutare e richiedeuna buona capacità di orientamento, allenamento e ottima esperienza escursionistica in montagna e non è quindi assolutamente possibile fare unicamente affidamento sul tracciato.



Negli anni precedenti al compimento dell’ intero percorso, ho percorso alcune tratte, le valli meno frequentate, per conoscerne i sentieri e i punti di appoggio, pensando che perdersi anche solo qualche ora, su un trekking di 11 giorni, potesse far fallire l’ impresa. L’ultima esplorazione, 2 anni fa, programmata da Carona ad Armisa, si era conclusa dopo 3 giorni con una ritirata dalla val Malgina, senza riuscire ad attraversarla completamente dopo aver mancato il sentiero alto, e aver tentato inutilmente di risalire l’ ormai abbandonato sentiero Bruno Credaro, dalla baita la Petta.


Per questi motivi la preparazione è stata meticolosa. innanzitutto lo zaino: l’idea iniziale era percorrere tutta la GVO in solitaria e in autonomia, pur conoscendo in parte i rifugi e i bivacchi che avrei incontrato lungo il percorso, mi intrigava l’ idea di essere completamente autonomo, e quindi portarmi nello zaino l’ indispensabile per vivere 11 giorni all’ aria aperta sulle montagne.

Tutto questo però ha un costo, in termini di peso, e quindi velocità, le tappe della GVO sono di livello escursionistico, ma alcune lunghe anche 20km, per cui la preparazione dello zaino ha richiesto un’attenta preparazione.


Nelle ultime settimane prima della partenza cambiano i piani, Silvia, la mia compagna decide di partecipare a questa avventura, buona notizia, viaggiare soli è bello, ma viaggiare in 2 è anche meglio. un po’ di buona compagnia vale il cambiamento dei piani, e magari qualche giorno in più di trekking.


D’altronde l’idea non è quella di intraprendere un progetto sportivo, ma piuttosto di percorrere un lungo tour escursionistico alla scoperta dei territori alpini proprio sopra casa.



CONTENUTO DELLO ZAINO:


Sacco a pelo

Tenda

Materassino isolante

Fornelletto + gas

Pannelli solari

Batteria di backup

Gps

Cellulare

Piumino

Giacca anti pioggia

Pantaloni anti pioggia

Maglia in lana di riserva

Mantella

Intimo termico

Pasti caldi Liofilizzati

Barrette carboidrati

Barrette Proteiche

Polpa di frutta e gel di frutta energetici

Occhiali

Crema solare

Guanti



E così ecco il contenuto dello zaino pronto per la partenza, che una volta caricato di acqua e ultimi accessori superava i 17kg, un po’ oltre quel 20% del peso corporeo, che ci siamo fissati come limite per camminare senza troppa pena. Decidemmo quindi, per stare nel peso stabilito onde evitare il rischio di diventare troppo lenti, di lasciare una parte del cibo in un sacchetto al passo San Marco, guadagnando così quasi 2 kg, e un secondo sacchetto di altri 2kg lo lasciammo nei pressi della diga di Scais, a 2/3 del viaggio.


Quindi la soluzione finale fu quella di dividere il cibo in 3 parti, con 2 punti intermedi di rifornimento.

La scelta di portare la tenda, è come detto, opzionale. i punti di appoggio più o meno spartani ci sono, tra casere, locali invernali dei rifugi, stalle o anche solo tettoie. Un posto per riparasi lo si può trovare, ovviamente bisogna avere un adeguato spirito di adattamento.

Noi per sicurezza e una maggiore libertà nelle soste, al costo di 1.8kg aggiuntivi, decidemmo di portarla.


Abbiamo poi recuperato presso la libreria del viaggiatore di Sondrio

le cartine del percorso.

Scaricato le mappe digitali e pre-caricato, ricalcandola sui sentieri, l’intera traccia a sul GPS e segnato i waypoint di tutti i possibili punti di appoggio.


Andando spesso in montagna da solo utilizzo un Garmin inReach Explorer®+

che oltre ad aiutarmi nella navigazione mi permette di inviare messaggi o inviare richieste SOS anche al di fuori dalla copertura cellulare.




INFORMAZIONI UTILI IN BREVE


La tratta tra Delebio e la val madre è sicuramente la più facile e più frequentata.

Percorribile in estate anche senza portarsi troppi rifornimenti, in quanto si incontrano regolarmente i rifugi gestiti.


Rifugio Legnone (gestito), si raggiunge in 4 ore dalla partenza, per cui abbiamo optato di non fermarci la notte ma solo a pranzo.


Alpe dosso (non gestito) - dispone di un area molto grande Recentemente è stato costruito un bivacco che abbiamo trovato aperto con gas e letti.


Tra Alpe dosso e alpe piazza è presente un tratto attrezzato con catene, segnalo come EE, il sentiero è poco frequentato ma le catene sono in buone condizioni e pulito dalla vegetazione, non abbiamo avuto particolari problemi, richiede comunque attenzione.


Alpe piazza: Quanto siamo arrivati c’era la festa dell’ alpe, ed era molto frequentata, non siamo però saliti fino all’ alpe quindi non saprei dire le condizioni del bivacco che è segnalato.


Bar Bianco: Avendo la tenda non siamo scesi al bar bianco per evitare di allungare la strada, e aggiungere inutile dislivello. Il rifugio dovrebbe comunque essere gestito d’estate.


Alpe Stavello - Per arrivare al rifugio Stavello è necessari allungare di circa 1 ora l’itinerario, prendendo un bivio segnalato con cartelli gialli il rifugio è gestito. Noi abbiamo optato per rimanere in basso sulla via e dormire in tenda. Per questo la traccia gps non passa dal rifugio.


Rifugio Trona Soliva: ci siamo fermati per pranzo, bel rifugio gestito in estate, da dei simpatici ragazzi.


Rifugio Salmurano: rifugio gestito, abbiamo passato la notte li. Facilmente accessibile da Pescegallo, dispone di camere singole.


Rifugio San marco: frequentato rifugio lungo la strada asfaltata aperta in estate.


Val Tartano: dal rifugio san marco comincia la parte meno frequentata della GVO, la tappa che attraversa completamente la valtartano è parecchio lunga, dispone di pochi appoggi e si sviluppa per gran parte su una facile e morbida cresta. Va affrontata con meteo stabile. Noi abbiamo optato per bivaccare in tenda ai laghi di porcile per non allungare la strada e scendere al rifugio Arale o Il pirata. Si può tuttavia con un paio di ore extra di strada, continuare, salendo fino al passo dei lupi (portando la tappa ad almeno 12 ore) e scendere verso il rifugio Dordona, che è gestito in estate; poco prima abbiamo anche trovato una casera aperta che può fare da bivacco. Vicino al rifugio inoltre c’è un pastore dal quale abbiamo trovato il miglior formaggio di tutte le orobie.


Dal Publino Alla Mambretti: Questa tappa è stata tra le più faticose, si attraversano per intero le 3 valli del comune di Piateda, con un notevole dislivello totale, la zona è molto isolata in quanto queste valli si addentrano per parecchi km lontano da strade e paesi, da segnalare il Bivacco Lucini, situato in val Zapello, scendendo dal p.so Forcellino, nella penultima valle da affrontare prima di salire per la Mambretti, permette di spazzare questa lunga e faticosa tappa, lasciato in eredità dal recentemente defunto poeta, sindacalista, editore, costruttore di pace, così come citato sulla targa. Un luogo asciutto, all’ aspetto spartano ma dotato di tutte le necessità. La valle è nota per essere infestata dalle zanzare, fattore da prendere in considerazione in caso di sosta.


Val Malgina: la tratta più selvaggia di tutta la via. Non abbiamo percorso la parte alta, per diversi motivi (tempo instabile , incertezza sulla difficoltà e lo stato del sentiero ) siamo quindi scesi dal rifugio Pesciöla a Piazzola e poi risalti, questa è la parte più delicata. La tratta nuova segnalata sulle mappe non l’abbiamo vista. Per cui abbiamo continuato per prendere la parte attrezzata con catene, rifatta credo nel 2016. Anche con il tracciato, registrato nell’ escursione di 2 anni prima, non fu facile trovare l’inizio delle catene. Infatti, circa 200 metri prima di arrivare alla baita Muracci, in prossimità dell’ ultimo ruscello bisogna girare a sinistra e puntare il canalone erboso che si vede salire verso sinistra, sono presenti dei segni sbiaditi ma visibili, ma potrebbero essere coperti dalla vegetazione. Nonostante le catene siano nuove in alcuni punti si sono già staccate, per cui bisogna fare attenzione ad alcuni passaggi lievemente esposti su erba. Non è consigliabile quindi percorrere questo tratto con terreno bagnato. Una volta finite le catene e qualche piolo, bisogna poi fare attenzione ai segni, per non perdere le deboli tracce su erba, che girano verso destra, e ci portano da li a poco a raggiungere la baita dello streppa seghel, riparo asciutto, dove abbiamo trovato letti e coperte.


Dal Rifugio Tagliaferri verso Aprica: sebbene si possa affrontare questa ultima tappa rimanendo sul versante Valtellinese passando dalla malga Demignone, abbiamo optato per percorrere il sentiero che segue in prossimità della cresta il versante bergamasco, fino al passo del Venerocolo,. è un sentiero attrezzato con difficoltà EE, e alcuni tratti esposti, lo sforzo aggiuntivo viene ripagato dal meraviglioso panorama.




CONCLUSIONI:


In 12 giorni Abbiamo attraversato tutte le valli del versante valtellinese, un percorso escursionistico fantastico, alla scoperta di un territorio a tratti poco frequentato, Partendo dal fondovalle presso la centrale di Delebio , rimanendo poi sempre a una quota media di 1400mt, dai 2700mt del passo Biorco ai 1200mt di Piazzola. Attraversando creste, passi, alpeggi, malghe e boschi. Percorrendo mulattiere, prati e sentieri. Dormendo in tenda, capanni, locali invernali e un paio di rifugi gestiti.

Lassù c’e un patrimonio inestimabile, che non va abbandonato, in cui abbiamo radicate le nostre origini. Lontano dalla società si puó tornare a pensare, a sentire e riscoprire se stessi e la nostra comunità. Vivere un tutt’uno con la natura.

Oltre che camminare per giorni, la cosa più bella e stata parlare con le genti, scoprire i territori.

Grazie a tutte le persone che abbiamo incontrato e alla chiacchere scambiate.

I pastori, Francesco, Davide, Ulisse e quelli di cui non sappiamo il nome, custodi delle terre alte, che ci hanno sempre fornito utili informazioni, e piacevoli ristori.

Il gruppo del cai di Sondrio che, al rifugio Mambretti, ci ha offerto un pasto e un letto caldo. I cacciatori della valmalgina che tengono puliti i sentieri e fornito preziose informazioni. Ivan del rifugio pesciola che ci ha fornito le chiavi per un alloggio al caldo. Gli amici e i parenti che ci hanno accompagnato e fornito supporto per il viaggio. L'amico Andrea che ci ha seguiti per 3 giorni, Marco che ci ha ospitato per una notte nella sia casa a Piazzola. Silvia che ha tenuto duro fino alla fine.


Viva la montagna, viva la vita, quella vera, fuori dalla scatola che ci siamo costruiti e che troppo spesso diventa una gabbia.

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